
Il suo nuovo libro, Dio della polvere, sarà un caso nazionale. Pronto a scommetterci. Non solo perché parla di un tema, la pedofilia nella Chiesa, delicato e tristemente attuale, bensì per la capacità dell’autrice di incidere nell’animo umano con la lama dell’intelligenza senza perdere la sensibilità dei valori. Ne escono radiografie crude, a volte impietose, ma che salvano l’umanità, perché mettono a nudo quello che siamo. “Siamo quello che siamo” cantava Ligabue. Lei accende luci, e non si deve averne timore. Spiegava Platone: “Possiamo perdonare un bambino quando ha paura del buio. La vera tragedia della vita è quando un uomo ha paura della luce”.

Lei trasmette il senso della vita. Le sue trame sono così indagatrici e profonde che il suo libro d’esordio La vita accanto (premio Calvino) è diventato un film nel 2024 con Marco Tullio Giordana. Cupo ma toccante.
L’editore, Guanda, ha affiancato l’aggettivo feroce al libro Dio della polvere. Forse è una scelta di marketing, forse no. Ma nessuno rimprovera a una radiografia di evidenziare un tumore. E soprattutto Mariapia Veladiano, come è scritto nella motivazione per cui le è stato assegnato di recente il Premio cultura dalla città di Vicenza, è una persona “di sensibilità, doti narrative apprezzate in tutta Italia (è la più celebre penna vicentina vivente in campo nazionale) e ha la capacità di scavare nell’animo senza perdere la speranza”. Non è poco. Il libro Dio della polvere sarà presentato a palazzo Bonin Longare il 16 settembre dall’autrice e Chiara Volpato.
Lei è giornalista, insegnante, teologa…
…ho studiato teologia, non sono teologa. È la stessa differenza che c’è fra studiare filosofia ed essere filosofi.
D’accordo, ma ha una laurea, anzi una licenza, in teologia alla Lateranense non è poco. La parola “Dio” è assai presente nei titoli dei 14 libri che ha scritto
La licenza in teologia costa dieci anni di studi
Appunto. Dicevo: è stata anche insegnante e preside, ora affermata scrittrice. Cosa si sente di più?
Adesso scrittrice. Ero una donna di scuola, era il posto in cui avrei voluto restare. Ho lasciato un posto da giornalista per insegnare. Oggi credo che nessuno lo sceglierebbe.
Scrive ancora per Il Regno, L’Osservatore romano, Avvenire. Mica scherzi. Ma ho un’altra curiosità: come sta di salute la letteratura?
Malata di autofiction. Ma la vita di uno scrittore interessa se sei, che so, Cesare Segre. Invece si ragiona diversamente. E questa faccenda mi stupisce sempre.
Come nascono le sue idee per i libri?
Come punte di interessi costanti di tutta la mia vita. In quest’ultimo ferocissimo romanzo sulla pedofilia del clero il tema nasce come elemento di altri libri. Ricorda Rebecca rifiutata dalla madre de La vita accanto? È il male che mi interessa, aggravato in questo caso dall’insabbiamento. Diventa male al quadrato.
Lei è uscita dalla scuola sbattendo la porta, per così dire, denunciando le reggenze assurde, cioé l’impossibilità di un preside a seguire una scuola a Padova e l’altra, che so, alla Giudecca a Venezia. Lei doveva seguire un istituto a Vicenza e un altro in montagna a 60 chilometri. Ed è ricorsa in tribunale.
Ho perso il ricorso e ho quasi perso anche fiducia nella pubblica amministrazione. Me ne sono un po’ pentita, stavo bene a scuola.
E adesso come vede la scuola?
È sotto tiro sul piano politico. Invece dev’essere un luogo di libertà e di educazione alla libertà. Ma viviamo in una situazione mondiale cui a molti non piace la libertà. Non è la prima volta che la scuola è attaccata, ma ce l’abbiamo fatta. La scuola è anche un luogo di grande resistenza, di impegno civico e umano più forte di altri.
Lei ha speranza?
Raramente nella vita esiste l’happy end. Rara è anche la tragedia. La speranza è un atto di volontà, non bisogna credere al pessimismo bensì credere attraverso l’azione responsabile. Speranza è fare quello che si può, affidandosi all’azione responsabile. Lo spiegava bene Dietrich Bonhoeffer, teologo tedesco protestante morto in un campo di concentramento nel 1945, al quale ho dedicato le tesi delle mie due lauree, in filosofia e teologia.
La speranza va cercata nella vita quotidiana e nella responsabilità personale, quindi?
Non ci sono nè Prometeo e neanche i supereroi. La speranza non va cercata in qualcosa di grande.
Le piacciono i film?
Ne vedo moltissimi. Specie i gialli. Leggo anche molti gialli. Se trovo un’Agatha Christie o un Poirot non mi schiodo più. C’è un effetto favola che funziona: i gialli sono consolatori, finiscono sempre bene perché si scopre il colpevole.
E le serie tv?
Come no. Il giovane ispettore Morse, Grantchester, Broadchurch…
Niente film a tema religioso?
Ho visto Conclave e m’è piaciuto. Ma ricordo anche Il cardinale di Otto Preminger
Nessuna critica?
Non sono severa al punto di denunciare gli errori teologici dei film
Lei scrive sull’Osservatore Romano, la voce dell’ortodossia. Come si trova?
Scrivo di riletture. Rileggo i classici sotto il profilo teologico, Anche Dieci piccoli indiani ha una visione teologica, perché esplora il concetto di giustizia divina e umana.
Legge molto?
Direi 100-150 libri all’anno.
Anche quando lavora?
No, non leggo nulla. Se no divento Zelig. Se leggo Brancati, faccio per dire, scrivo come lui.
Chi è il suo maestro?
Amo molto Maria Bellonci. E poi Thomas Mann
E tra i contemporanei?
Marylinne Robinson, scrittrice americana vincitrice di un Pulitzer nel 2004. I suoi sono libri pieni di domande. Anche Obama è molto interessato a lei. Il suo romanzo Gilead è una lunga lettera al futuro. Si chiede il protagonista: “Siamo davvero immagini divine? Persino nel peggiore di noi soffia il vento del sacro?”.
Le piace la musica? Immagino di sì, e che cosa?
La musica è una grande passione, ho frequentato anche due anni di conservatorio. Prima di tutto Bach, poi anche Brahms.
Perché oggi la religione conta meno?
Un tempo contava perché era collaterale a una società che la usava. Il massimo avvenne con gli inglesi, che operarono uno scisma con Enrico VIII senza un’eresia. Era il Trump dell’epoca. Adesso mi attendo che lo faccia lui uno scisma.
E adesso?
I seminari si sono svuotati. Non c’è più selezione al sacerdozio. La Chiesa vive una crisi di credibilità e la vivrà finché non risolverà il problema della pedofilia.
Quanto pesa questo problema?
Molto, moltissimo. In Irlanda l’insabbiamento è stato spaventoso. In generale i casi di pedofili non preti sono percentualmente lo 0.5%, mentre nella Chiesa i pedofili sono il 4-5%. Non c’è giustizia. La Chiesa o ne esce o cade per sempre.
Antonio Di Lorenzo